L'imperatore, udita l'esposizione del sipontino e deliberato maturamente sopra di quella, rispose lodando l'ingenuità e la prudenza del pontefice, che, conoscendo la publica necessità di far il concilio in Trento, avesse trovato modo ispediente di rimetterlo, senza far andar inanzi la causa della traslazione, cosa aromatica, di molta difficoltà e di nissun utilità. Aggionse che le quattro considerazioni erano tutte importanti e raggionevolmente proposte da Sua Santità. Che quanto alle cose di Francia, non solo lodava quanto ella aveva deliberato, ma s'offeriva ancora di coadiuvare e dar ogni possibil sicurtà a quel re; che era molto raggionevole lo scampar le spese superflue e non lasciar il concilio aperto et ozioso; che già l'anno inanzi s'era fatto il decreto in Augusta, che la Germania tutta, eziandio i protestanti, si sottomettessero; che di quello averebbe dato copia al noncio e nella dieta d'allora l'averebbe fatto confermare; che non gli pareva tempo di trattar al presente che le cose già decise in Trento non siano rivocate in dubio, perché ciò s'averebbe fatto piú opportunamente in quella città, quando il concilio fosse stato ridotto. E per quel che tocca l'autorità di Sua Santità e della Sede apostolica, egli, sí come ne' tempi passati n'era stato protettore, cosí voleva esser nell'avvenire, deliberava di mantenerla con tutte le sue forze e con la propria vita, se fosse stato bisogno. Che non poteva prometter a Sua Santità che in concilio non fosse da qualche inquieto detto o trattato: ma gli dava ben parola, quando ciò avvenisse, d'opporsi talmente che ella dovesse lodarsi dell'opera sua.
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