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      Perilché era necessaria una buona provisione d'arme per prevenir li tentativi e quando la necessità portasse, per potersi difendere.
     
     
      [Il re fa vista di voler tenere un concilio nazionale, onde il papa si rammodera]
     
      Il re, veduto che non era possibile persuader il papa, scrisse una lettera publica e commune a tutti i vescovi del suo regno, cosí a quelli che erano in Francia, come altrove, che dovessero andar alle loro chiese fra sei mesi, e là mettersi in ordine per un concilio nazionale, e la lettera fu anco presentata a quelli che si ritrovavano in Roma; né il papa ebbe ardire d'impedirgli, dubitando di far danno a loro et interressar maggiormente la propria riputazione. Ma prese ispediente di mandar Ascanio della Corna, suo nipote, in Francia, con instruzzione di far ogni opera per dissuader il re dalla protezzione di Parma e farlo capace che, essendo Ottavio Farnese suo feudatario, non poteva in alcun modo comportare d'esser sprezzato da lui, che sarebbe stata un'infamia eterna et un essempio a tutti di non riconoscerlo per papa. Esser grandissima l'inclinazione sua alla Francia et alla Sua Maestà, e l'animo suo alienissimo dagl'emuli di quello, e questo esser notissimo a tutto 'l mondo. Nondimeno esser cosí potente il rispetto sopra detto che, quando Sua Maestà non vi porga rimedio, sarà sufficiente di farlo gettar in braccio di chi non vorrebbe. Portava anco l'instruzzione che, se il re non si lasciasse indur a questo, lo pregasse a ben considerare quanti inconvenienti si tirarebbe appresso un concilio nazionale e che sarebbe principio di metter i suoi soggetti in una licenzia della quale si pentirebbe, et al presente causerebbe questo mal effetto, che impedirebbe il concilio generale, il che sarebbe la maggior offesa che si potesse far a Dio e maggior danno alla fede et alla Chiesa.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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