Lo pregasse di mandar ambasciatore a Trento, certificandolo che da' presidenti e da tutti i prelati amorevoli di Sua Santità riceverebbe ogni onore e rispetto. Al che non condescendendo e perseverando in voler che l'editto resti, gli proponesse, per levar ogni scandalo, temperamento di far una decchiarazione che, con quell'editto, non è stato sua intenzione d'impedire il concilio generale.
Il re, udita l'ambasciata, esso ancora mostrò come l'onor suo lo costringeva a perseverare nella protezzione del duca et a mantener l'editto, ma con tal forma di parole che mostravano sentir dispiacere de' disgusti e desiderio di rimediarvi. E per corrisponder al papa, mandò a lui monsignor di Monluc, eletto di Bordeos, non senza qualche speranza di poter indolcire l'animo del pontefice. Ma per ogni officio che si fece quanto alle cose di Parma, restò nella medesima durezza e rimandò l'istesso Monluc con commissione di dolersi col re che avesse mandato sino in Roma l'editto d'un concilio nazionale e lettere a' prelati sudditi suoi ancora in temporale, intendendo del vescovo d'Avignone, la qual cosa tutto 'l mondo interpretava che non si facesse se non per impedir il concilio generale. E concluse pregando il re che, poiché l'uno e l'altro è risoluto, egli in perseverar nella correzzione d'Ottavio e la Maestà Sua nella protezzione, almeno le differenze non uscissero di Parma, come dal canto di Sua Maestà si è uscito con levar i cardinali e prelati da Roma; i quali egli non ha voluto impedire dal partire, sperando che Sua Maestà, essalato il primo sdegno, sarebbe illuminata da Dio a mutar modo.
| |
Trento Sua Santità Monluc Bordeos Parma Monluc Roma Avignone Ottavio Maestà Sua Parma Sua Maestà Roma Sua Maestà Dio
|