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      Perché se era intesa quanto alla virtú della consecrazione, esser cosa chiara che sotto la specie del pane vi è il solo corpo, e sotto la specie del vino vi è il solo sangue; ma per consequenza, che i teologi dicono "concomitantia", sotto quella del pane vi è anco il sangue, l'anima e la divinità, e sotto quella del vino vi è il corpo e le altre cose: perilché non è da condannare in termini cosí generali. Ma quanto alla seconda, cioè che tanto si riceva con una quanto con due, vi fu disparere; perché molti sentivano che, se ben non si riceveva piú del sacramento, si riceveva però piú grazia; onde ci voleva la dicchiarazione. Sopra il decimo ancora, quanto alla prima parte della fede, volevano certi che si esprimesse della fede morta, perché della fede viva non è dubio esser sufficiente. Quanto alla necessità della confessione, i dominicani misero in considerazione chemolti catolici dottissimi e santissimi avevano tenuto quella opinione, il condannar la quale sarebbe condannargli loro. Altri, per temperamento, proponevano che non si condannasse come eretica, ma come perniciosa. Volevano anco alcuni che se vi aggiongesse la condizione: essendovi commodità di confessore. L'ultima parte toccante alla communione della Pasca, non essendo quella commandata per legge divina, ma di precetto solo della Chiesa, la commune opinione era che non si condannasse per eretica, essendo cosa inaudita che si condanni di eresia, per non approvare un precetto umano particolare. Molti teologi anco proposero un altro articolo, tratto da' scritti di Lutero, che era necessario dannare: e questo era che, quantonque fosse necessario recitar le parole di Cristo, nondimeno quelle non sono causa della presenzia di Cristo nel sacramento, ma la causa è la fede di chi lo riceve.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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