E Giustiniano, regolando i giudicii de chierici, dopo aver ordinato che ne' delitti ecclesiastici fossero dal vescovo castigati, e ne' delitti secolari, che esso chiamò civili, fossero puniti dal giudice publico, aggionse che però la pena non s'esseguisse prima che il reo fosse spogliato del sacerdozio dal vescovo. E dopoi che a' vescovi furono concessi i giudicii criminali sopra i chierici, la degradazione restò solo in caso dove la pena dovesse esser di morte, la qual, per degnità dell'ordine suo, gl'ecclesiastici non averebbono voluto che mai fosse inserita; ma ne' casi d'essorbitante sceleratezza non pareva che senza scandalo si potesse negare; però, quello che non si poteva al diretto, trovarono modo di indirettamente effettuare, con dire esser ben giusto punir le sceleratezze de' chierici con la meritata morte, ma che era necessaria prima la degradazione, e con farla cosí difficile con circonstanze di solennità, che pochissime volte si potesse metter in prattica, operavano che poche volte fosse effettuata: dovendo anco questo servire a maggior riverenza dell'ordine clericale, nel sangue del quale la giustizia non poteva metter mano senza tanta solennità precedente. Per questa causa non fu concesso che da' vescovi si facesse se non in publico con le vesti sacre e, quello che piú importava, con assistenza di 12 vescovi nella degradazione d'un vescovo, di 6 in quella d'un prete, di tre per un diacono, i quali con paramenti ponteficali fossero presenti; e parendo cosa ardua che al vescovo, quale senza compagnia diede il grado, non sia concesso al solo far mostra di levarlo, papa Innocenzio III levò la maraviglia con una massima che non ha maggior probabilità, dicendo che gli edificii temporali con difficoltà sono fabricati e con facilità destrutti, ma gli spirituali, in contrario, con facilità edificati e destrutti con difficoltà. Il volgo teneva la degradazione per una cosa necessaria e, quando accadeva, vi concorreva con indicibile frequenza.
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Giustiniano Innocenzio III
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