Nel che avevano congionti seco i teologi di Colonia, i quali chiaramente dicevano che non s'averebbe trovato alcun antico che parlasse se non di riservazione de' peccati publici, e che il condannar il cancellario parisiense, tanto pio e catolico scrittore, che biasimava le riserve, non era condecente. Che gli eretici solevano dire queste riserve esser per uccellar danari, come anco disse il cardinal Campeggio nella sua riforma e che se gli dava occasione di scrivere contra; al che i teologi non averebbono risposto, né potuto rispondere. E pertanto doversi moderare cosí la dottrina, come il canone, in maniera che non dia scandalo e non offendi alcun catolico.
I medesimi coloniensi dicevano, per quello che tocca all'intelligenza delle parole: "Quaecumque ligaveritis", la qual è condannata nel decimo canone, che espressamente e formalmente Teofilatto cosí l'intende e che il condannarlo sarà dar allegrezza agli avversarii. E per quel che nell'ultimo vien detto, che la potestà di ligare s'intende quanto all'imporre le penitenzie, avvertirono che li santi vecchi cosí non hanno inteso, ma ligare intendevano far astener dal ricever i sacramenti sino alla compita satisfazzione. Dimandavano ancora che si dovesse far menzione della penitenza publica tanto commendata da' padri, da Cipriano massime e da san Gregorio papa, che in molte epistole la decchiara necessaria de iure divino; la quale, se non si rimette in uso quanto agl'eretici e publici peccatori, mai la Germania si libererà; e con tutto ciò il decreto, cosí nella dottrina, come ne' canoni, non solo non ne dice parola a favore, ma piú tosto la snerva e gli detrae.
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