Ma nel principio di novembre Cesare, per esser piú vicino al concilio et alla guerra di Parma, si trasferí in Ispruc, non piú distante da Trento di tre giornate e di strada anco assai commoda, in modo che poteva dagli ambasciatori suoi, occorrendo, esser in un giorno avisato. Ebbe il pontefice nuova tutt'insieme dell'arrivo dell'imperatore e de' vittembergici; e se ben si fidava delle promesse di Cesare fattegli inanzi la convocazione del concilio e replicate tante volte, e ne vedeva effetti, perché gl'ambasciatori imperiali raffrenavano i spagnuoli quando mostravano troppo ardire in sostentar l'autorità episcopale, e gl'interessi communi contra il re di Francia persuadevano a credere che dovesse perseverare; nondimeno essendogli alle orecchie penetrato qualche cosa trattata in Germania, aveva anco qualche gelosia che, o per necessità, o per qualche grand'opportunità che gl'affari potessero portare, non mutasse opinione. Prese però in se medesimo confidenza, considerando che, se la Germania passava a guerra, non si sarebbe tenuto conto di concilio, durante la pace, che egli aveva gli ecclesiastici tedeschi dalla parte sua et i prelati italiani, il numero de' quali gli era facile aumentare, spingendo là tutti quelli che erano in corte, et il legato ben risoluto e che, pieno di speranza di papato, opererebbe come per se medesimo, et il noncio sipontino affezzionatissimo alla persona sua, e finalmente esser sempre aperto l'adito di riconciliarsi con Francia, cosa da quel re desiderata; col mezo del quale e de' prelati del suo regno poteva ovviar ad ogni tentativo che contra l'autorità sua fosse fatto.
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