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      Similmente era criticata la dottrina inferita nel quinto capo, dove si dice che Cristo con le medesime parole constituí i sacerdoti giudici de' peccati, e però sia necessario confessargli tutti intieramente in specie e singolarmente, insieme con le circonstanze che mutano specie; imperoché chiaramente appar dalle parole di nostro Signore che egli non ha distinto due sorti di peccati, una da rimetter e l'altra da ritenere, che per ciò convenga saper de' quali il delinquente sia reo, ma una sola che gli comprende tutti; e però non è detto se non "peccata" in genere; ma ben ha distinto due sorti de peccatori, dicendo: "quorum" e "quorum": una de' penitenti, a quali si concede la remissione, l'altra de' impenitenti, a quali si nega. Però piú tosto hanno da conoscere lo stato del delinquente, che la natura et il numero de' peccati. Ma poi quello che s'aggionge delle circonstanze che mutano specie, si diceva che ogni uomo da ben poteva con buona conscienza giurare che i santi apostoli e loro discepoli dottissimi delle cose celesti, non curando le sottilità umane, mai seppero che vi fossero circonstanze mutanti specie, e forse, se Aristotele non avesse introdotta questa speculazione, il mondo a quest'ora ne sarebbe ignaro; e tuttavia se n'è fatto un articolo di fede, necessario alla salute. Ma sí come veniva approbato che "absolvo" è verbo giudiciale e riputata buona consequenza che, se i sacerdoti assolvono, sono giudici, cosí pareva un'inconstanza il condannar quelli che dicevano esser un ministerio nudo di prononciare, essendo cosa chiara che l'officio del giudice non è se non pronunciar innocente quello che è tale, e colpevole il trasgressore.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





Cristo Aristotele