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      Ma il far di delinquente giusto, come s'ascrive al sacerdote, non sostiene la metafora del giudice. Fa il prencipe grazia a' delinquenti della pena, restituisce alla fama: a questo è piú simile chi fa de empio giusto, e non al giudice, che trasgredisce il suo officio sempre che altro prononcia, salvo che quello che ritrova esser prima vero. Ma piú stupivano che d'ogni altra cosa nel legger il capo dove si prova la specifica e singolare confessione de' peccati con le circonstanze, perché il giudicio non si può essercitar senza cognizione della causa, né servar l'equità nell'imponer le pene, sapendogli solo in genere; e piú sotto, che Cristo ha commandato questa confessione, acciò potessero imponer la condegna pena. Dicevano che questo era ben un ridersi palesamente del mondo e stimare tutti per sciocchi e persuadersi dover esser creduta loro ogni assordità senza pensar piú oltra. Imperoché chi è quello che non sa e non vede quotidianamente che i confessori danno le penitenze non solo senza ponderare il merito delle colpe, ma anco senza averci sopra alcuna minima considerazione. Parerebbe, ben considerato il parlare del concilio, che i confessori avessero una bilancia che trasse sino agl'atomi; e pure con tutto ciò ben spesso il recitar 5 Pater sarà dato in penitenza per molti omicidii, adulterii e furti: et i piú letterati tra i confessori, anzi l'universale d'essi, nel dar la penitenza, dicono a tutti che impongono solo parte della penitenza. Adonque non è necessario impor quella essatta penitenza che le colpe meritano: onde né meno la specifica numerazione de' peccati e circonstanze.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





Cristo Pater