Per quello che toccava al dar salvocondotto in altra forma, che era con essorbitante indegnità della sinodo che non si fidassero del conceduto, e che il trattarne era ingiuria alla Chiesa di Dio insopportabile e degna che ogni fedele vi mettesse la vita per propulsarla.
Il cardinale di Trento non volse dar risposta cosí aspera agl'ambasciatori, ma disse che il legato aveva sentito con sdegno la proposizione loro di voler principiar dal presentar la dottrina, dovendo essi ricever da' suoi maggiori con riverenza et obedienza la regola delle fede, e non voler prescriverla agl'altri con tanto indecoro et assordità. Perilché gli consegliava trapassar qualche giorno sin che lo sdegno del legato fosse rimesso e poi principiar la proposta da qualch'altro capo, per capitar poi a quelli del presentar la dottrina e chieder il salvocondotto. Ricevettero il conseglio e, dopo qualche giorni, essendo partito il cardinale di Trento, fecero far officio per l'ambasciatore cesareo, acciò dal legato fosse ricevuto il loro mandato et ascoltata la proposizione, per dover essi, intesa la mente di lui, deliberare secondo che dal loro prencipe avevano instruzzione. L'ambasciatore trattò col legato, dal quale ebbe l'istessa risposta data al Trento, perché non sdegno, ma deliberata volontà l'aveva somministrata allora. L'ambasciatore, intesa la mente del cardinale, giudicò che per allora il negozio non potesse aver luogo, e conoscendo che il riferir la risposta era contra la degnità di Cesare, quale aveva cosí largamente promesso che ogn'un sarebbe stato udito et averebbe potuto liberamente proporre e conferire, in luogo di dar risposta precisa a' vittembergici, trovò diverse scuse a fine di portar la cosa inanzi; né lo seppe far con tanta arte, quantonque fosse spagnuolo, che non scoprissero esser pretesti per non dar una negativa aperta.
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