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      Perilché gran parte de' vescovi italiani si messero in barca a seconda del fiume Adice per ridursi a Verona, et i protestanti determinarono di partire.
      Essendo restati pochi vescovi et il legato, per la gravezza dell'infermità spesso vaneggiando, non potendo aver risoluzione consistente, i noncii, temendo, se si aspettava il primo di maggio secondo l'ordine dato, che dovessero trovarsi in Trento senza prelati, scrissero a Roma, ricercando quello che in tanta angostia si dovesse fare. Il pontefice, che già aveva col re di Francia concluso, né stimava piú quello che l'imperatore potesse fare quando ben avesse superato le difficoltà che lo circondavano, fatta congregazione de' cardinali, propose l'aviso de noncii in consulta; né vi fu difficoltà al concorrere la maggior parte che si sospendesse il concilio. Fu formata la bolla e mandata a Trento, scrivendo appresso a' noncii che se gli mandava l'autorità per la sospensione. Però, quando vedessero urgente necessità, cedessero a quella e non mettessero in pericolo la dignità del concilio, il quale ad altro tempo quieto si sarebbe redintegrato: però non lo disciogliessero intieramente, a fine di tener in mano quel capo per valersene alle occasioni, ma lo sospendessero per qualche tempo. La qual risposta avuta, tenendola secreta, consultarono con gl'ambasciatori e con i principali prelati, quali proponevano d'aspettar ordine da Cesare et estenuavano il timore quanto potevano: però i prelati, se ben la maggior parte spagnuoli, temendo delle persone loro per l'odio de' protestanti e non sperando che Cesare avesse tempo in tanta strettezza di pensar al concilio, consentirono ad una sospensione.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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