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      Alcuni anco facevano scrupolo che tutti gl'intervenuti in quella sessione fossero incorsi nella censura del canone Omnes, Dist. XXII, avendo pregiudicato ad un privilegio della Sede apostolica con pretendere che i decreti conciliari fossero d'alcun valore inanzi la conferma. Dicevano in sua difesa non avere commandato, ma essortato all'osservanza; ma la risposta non sodisfaceva, perché osservare come legge presuppone obligazione, e nel decreto l'essortazione non si riferisce salvo che a' prencipi e prelati essortati far osservare; che quanto agl'osservatori si presuppone obligo precedente, e poi quanto alla materia della fede, la risposta (dicevano) non poter aver luogo alcuno. Si potevano scusare con dire che ogni cosa era fatta dal papa et approvata prima che nelle sessioni fosse publicata; né questo averebbe sodisfatto, poiché, quantonque fosse il vero, non però appariva. Questo diede occasione di maravigliarsi come tanta contenzione fusse passata tra la sinodo e protestanti per le cose già statuite, che questi volevano reessaminare e quelli avere per concluse; poiché se non ebbero la perfezzione e stabilimento inanzi la conferma, adonque potevano esser reessaminate; et a discorrer sodamente, overo il pontefice che doveva confermarle aveva da farlo con cognizione delle cause o senza: se senza, la conferma è una vanità e sarebbe secondo il proverbio che uno pigliasse la medicina e l'altro si purgasse; se precedendo la cognizione, adonque, et esso pontefice dopo doveva essaminarle, e lo poteva anco far ogni uno per riferirsi a lui.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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