Perilché tutto intento a questo, nel fine di genaro del 1556 eresse una congregazione, dove erano 24 cardinali, 45 prelati et altre persone, le piú letterate della corte, al numero di 150; e gli divise in 3 classi, in ciascuna de' quali erano 8 cardinali, 15 prelati et altri al numero di 50. A questi diede a discuter dubii tutti nella materia della simonia, i quali mise in stampa e mandò copia a tutti i prencipi, e diceva avergli publicati cosí, acciò pervenissero a notizia di tutte le università e studii generali e d'ogni uomo letterato, et avessero occasione tutti di far saper il parer loro, quale egli non aveva voluto ricchiedere apertamente, per non esser degnità di quella sede, che è maestra di tutti, d'andar mendicando il parer d'altri. Diceva ancora che per se medesimo non aveva bisogno d'instruzzione di nissuno, perché sapeva quello che Cristo commandava; ma aveva eretto la congregazione, acciò in una cosa dove tutti erano interessati non si dicesse che volesse far di suo capo. Aggiongeva che quando avesse nettato sé e la sua corte, che non gli potesse esser detto: "Medico guarisci te stesso", mostrerà a prencipi che nelle loro corti è maggior simonia e vorrà levarla, essendo cosí superior a prencipi come a' prelati.
Nella prima congregazione della prima classe, la qual fu tenuta a' 26 marzo inanzi il cardinale Bellai, decano del collegio, parlarono 12 e furono 3 opinioni: una del vescovo di Feltre, il qual difese che per l'uso della potestà spirituale non era inconveniente il pigliar danari, quando non sia per preggio, ma per altro rispetto; l'altra del vescovo di Sessa, che ciò non fosse lecito in nissun modo e con nissuna condizione, e che assolutamente fosse simonia detestabile cosí il dar, come il ricever, non potendo scusar pretesto di qualsivoglia sorte; la terza del vescovo di Sinigaglia, media tra queste due, che fosse lecito, ma in certo tempo solamente e con certe condizioni.
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