Non facendo alcuna di queste prove effetto, passò piú inanzi, et il 23 luglio fece comparir in concistoro il fiscale con Silvestro Aldobrandino, avvocato concistoriale, quali esposero che, avendo la Santità Sua per delitti scommunicato e privato Marco Antonio Colonna e proibito sotto le medesime censure ad ogni sorte di persone l'aiutarlo o favorirlo, et essendo notorio che l'imperatore et il re Filippo, suo figlio, l'avevano sovvenuto di cavalli, fanti e danari, erano incorsi nella pena della sentenzia, e caduti da' feudi. Perilché facevano instanza che Sua Santità venisse alla declaratoria e mettesse ordine all'essecuzione. Il pontefice rispose che col conseglio de' cardinali aviserebbe, e licenziatigli, propose in concistorio quello che in caso di tanta importanza fosse da fare. I cardinali francesi parlarono con molto onore dell'imperatore e del re Filippo, ma in modo che il pontefice veniva grandemente eccitato; gl'imperiali con parole d'ambiguo senso et indirizzate a portar tempo inanzi. I teatini, proprii cardinali del papa, dissero cose molto magnifiche dell'autorità ponteficia e del valor e prudenza di Sua Santità, sola atta a trovar rimedio a quel male, lodando tutte le cose fatte e rimettendosi quanto al rimanente. Licenziato il concistoro senza che risoluzione fosse presa, il papa conobbe che bisognava o ceder, o venir alla guerra: dalla quale non aborrendo per il natural suo pieno d'ardire e di speranze, opportunamente gli vennero avisi dal nipote delle cose concluse in Francia: onde cessarono pertanto i raggionamenti di riforma e di concilii, e si mutarono in discorsi di danari, soldati et intelligenze, delle qual cose, come non partinenti al proposito mio, dirò solo quel che può mostrare qual fosse l'animo del papa e quanto dedito alla riforma vera della Chiesa, o almeno alla colorata.
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