Perilché era necessario mitigar le pene e raffrenar la severità, sinché con l'autorità d'un concilio generale si levassero i dissidii della religione e s'emendasse la disciplina ecclesiastica, unico rimedio a questi mali, sí come i concilii di Costanza e Basilea avevano giudicato, commandando perciò che ogni 10 anni si celebrasse il concilio generale. Il parer di costui fu anco seguitato da Ludovico Fabro et alcun altri; al che Anna Borgo aggionse esser molte sceleratezze dannate dalle leggi, per pena delle quali non basterebbono la corda et il fuogo: frequentissime le biasteme contra Dio, i pergiurii, gli adulterii, non solo dissimulati, ma ancora con vergognosa licenzia fomentati; facendo conoscer assai chiaramente che parlava non solo de' grandi della corte, ma del re ancora; con soggiongere che, mentre cosí dissolutamente si vive, sono preparati varii supplicii contra quelli che d'altro non sono colpevoli se non d'aver manifestato al mondo i vizii della corte romana e dimandatone l'emenda. In contrario di che, Egidio Magistro, primo presidente, parlò contra le nuove sette, concludendo non esservi altro rimedio che il già usato contra gl'albigesi, che Filippo Augusto ne fece morire 600 in un giorno, e contra i valdesi, soffocati nelle caverne dove si erano retirati per ascondersi. Finiti di dir i voti, il re soggionse aver udito con le orecchie proprie quello che gli era andato a notizia, il male del regno nascere perché nel medesimo parlamento vi è chi sprezza l'autorità del pontefice e sua; ben saper che sono pochi, ma causa de molti mali.
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