Andò l'aviso all'imperatore a Vienna di quello che il papa aveva al suo ministro intimato; il qual immediate deputò ambasciatore, et inanzi la partita di quello scrisse al pontefice, rallegrandosi dell'assonzione sua e ringraziandolo che paternamente e saviamente aveva posto fine alla difficoltà promossagli da Paolo IV contra raggione et equità, dandogli conto dell'ambasciatore destinato. Questo fu Scipione conte di Arco, che a' 10 febraro gionse in Roma, e nel principio riscontrò in gran difficoltà, avendo commissione dall'imperatore di render al papa solo riverenza, et essendo il papa risoluto che gli rendesse ubedienza, mostrando che gl'altri ambasciatori cesarei cosí avevano usato verso i precessori suoi, parlando risolutamente che in altra maniera non era per admeterlo. L'ambasciatore di Spagna et il cardinal Pacceco lo consegliavano a non trapassar le commissioni avute, in contrario lo inducevano il cardinale Morone e Trento: il parer de' quali fu seguito dal conte, perché l'imperatore gli aveva commesso che con quei cardinali consegliasse tutte le cose sue. Spedita in consistoro la ceremonia con sodisfazzione del papa, nella prima audienza privata, dovendo l'ambasciatore per nome di Cesare pregarlo a convocar il concilio per componer i dissidii di Germania, fu dal papa prevenuto con molto contento dell'ambasciatore, quale, credendo dover trattar col papa di cosa dispiacevole, s'era preparato di rapresentarla con molta dolcezza per farla ascoltare piú facilmente. Gli disse il papa che, essendo in conclavi, tra i cardinali s'era trattato di rimetter il concilio, nel che egli era stato parte molto principale e fatto pontefice era maggiormente confermato nella stessa deliberazione; non volendo però caminar in questo alla cieca, ma in modo che non s'incontri difficoltà, come le altre volte è avvenuto.
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