Esser grave error di quelli che turbano la quiete publica con le armi sotto pretesto di religione, cosa sempre aborrita dall'antichità; ma non esser minor error di quelli che condannano a morte gl'aderenti alla nuova dottrina per sola opinione di pietà; perché andando constantemente alla morte e sprezzando la iattura de' beni loro, irritano l'animo della moltitudine e fanno venir volontà di saper che fede è quella per quale sono volontariamente tolerati tanti mali.
In conformità parlò anco, dopo lui, Carlo Marillaco, vescovo di Vienna, lodando il rimedio del concilio generale, ma soggiongendo che si può piú desiderare che sperare, avendosi veduto le difficoltà solite nascere in tal negozio, e quante fatiche Carlo V per ciò ha preso e come sia stato deluso da' pontefici; oltre che il male di Francia è tanto acuto che non vi è tempo di chiamar medico da lontano. Però doversi ricorrer al concilio nazionale, solito usarsi altre volte nel regno, essendo chiaro che da Clodoveo sino a Carlo Magno, e poi anco sino a Carlo VII sempre sono stati celebrati concilii in Francia, ora di tutto 'l regno, ora di parte; però, essendo urgente il male, non doversi aspettare, né tener alcun conto degl'impedimenti che il pontefice fraponesse; et in tanto far andar i prelati alla residenza e non comportar che gli italiani, che hanno la terza parte de' beneficii, godino i frutti in assenza; estirpar ogni simonia e mercanzia spirituale et ordinar come nel concilio ancirano che al tempo del ministerio de' sacramenti non si faccia elemosina.
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