[Il papa, temendo il concilio nazionale, propuone agli ambasciatori il generale, e si risolve a convocarlo]
Il papa, avuto aviso della risoluzione del convento di Fontanableò, scrisse al cardinale di Tornon che facesse ogni opera per impedir la ridozzione de' vescovi; il che, quando non potesse effettuare, se ne tornasse a Roma. Et a' 23 di settembre chiamò a sé gl'ambasciatori, a' quali narrò prima il bisogno che in vi era di presta celebrazione del concilio generale, attesa la deliberazione de' francesi di far il nazionale: il qual se ben aveva dato ordine al cardinale Tornone che procurasse d'impedire, però non sperava che l'impedimento succedesse. Ma egli si vedeva ben in necessità di celebrar l'universale, acciò non fosse detto che i nazionali si facevano per non aver voluto egli far il generale; però era forza aprir questo concilio di Trento e levar la sospensione; che il luogo era opportunissimo tra la Germania e l'Italia, se bene altri gli prepongono Spira e Treveri et altri luoghi, quali riceverebbe se fossero sicuri, pronto anco d'andar a Constantinopoli, quando potesse con sicurezza. Che fede si può aver in quelli che non hanno fede? Che nissun catolico sarebbe sicuro in quei luoghi, manco l'imperatore stesso. Che se non vorranno Trento, non mancheranno luoghi nello Stato di Milano, nel regno di Napoli, nello Stato di Venezia, del duca di Savoia o di Fiorenza. Ma quanto al revocar le cose determinate, già non era da parlarne; egli non voleva né revocarle, né confermarle, ma rimetter tutto al concilio, il qual con l'assistenza dello Spirito Santo determinerà quello che a Dio piacerà. Ponderò molto la cosa del concilio nazionale di Francia, aggiongendo che sarà un cattivo essempio e che Germania vorrà seguitarlo, et anco in Italia succederà qualche moto, se non si farà provisione; che vorranno sottometter il concilio et il ponteficato e, tutte le cose sue; ma che egli "pro fide et religione volumus mori". Invitò gl'ambasciatori a dir il loro parere; onde quello dell'imperatore disse che era meglio interponer tempo, poiché lo stato delle cose di Germania non concedeva che l'imperatore potesse consentirvi.
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