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      Pregando l'imperatore, re et altri prencipi che, non potendo intervenire personalmente, mandino loro procuratori et operino che i prelati de' loro dominii senza scusa e dimora esseguiscano il loro debito et abbiano libero e sicuro viaggio per loro e per la compagnia, sí come farà egli in quello che potrà, non avendo altro fine nel celebrar quel concilio che l'onor di Dio, la ridozzione delle pecorelle disperse e la tranquillità perpetua della republica cristiana; ordinando che la bolla sia publicata in Roma e con quella publicazione, dopo il termine di 2 mesi, oblighi tutti i compresi, come se fosse loro presenzialmente intimata.
      Reputò il pontefice d'aver satisfatto a se stesso, a quelli che volevano intimazione di nuovo concilio et a quelli che ricercavano continuazione del vecchio; ma come avviene ne' consegli medii, che sogliono dispiacere ad ambe le parti, il pontefice a nissuno sodisfece, come si dirà. Immediate dopo la publicazione della bolla il papa spedí il Nicheto in Francia con quella e con commissione che, se non fosse piacciuta la forma, dicesse che non si guardasse alla voce "continuare", perché quella non impediva che non si potesse di nuovo parlare sopra le cose già proposte. La mandò anco all'imperatore et in Spagna. Destinò oltre di ciò Zaccaria Delfino, vescovo di Liesina, noncio a' prencipi della Germania superiore, e Giovanni Francesco Comendone, vescovo del Zante, a quelli dell'inferiore, con lettere a tutti e con ordine di ricever prima instruzzione da Cesare come trattar con loro, e poi esseguir l'ambasciata.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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