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      Parlò della fede, delle buone opere, dell'autorità de' concilii, de' peccati, della disciplina ecclesiastica, dell'ubedienza debita a' magistrati, e de' sacramenti; et entrato nella materia dell'eucaristia, parlò con tanto calore che era di mala sodisfazzione anco a' suoi proprii, onde fu sforzato a fermarsi. E presentata la confessione delle chiese sue, dimandò che i capi di quella fossero essaminati e fece fine. Il cardinale di Turnone, levatosi pieno di sdegno, si voltò e disse che i vescovi, avendo fatto forza alle sue conscienze, avevano consentito d'udir quei nuovi evangelisti, prevedendo che dovevano dir molte cose ingiuriose contra Dio; e se non avessero portato rispetto alla Maestà regia, si sarebbono levati e disturbato il consesso. Però pregava la Maestà Sua non dar fede alle cose dette da loro, perché da' prelati gli sarebbe mostrato tutto 'l contrario, sí che vederebbe la differenza tra la verità e la bugia; e dimandò un giorno di tempo a risponder, replicando tuttavia che sarebbe stata giusta cosa che si fossero levati tutti di là per non udir quelle biasteme. Di questo la regina, parendogli esser toccata, rispose non essersi fatto cosa se non deliberata da' prencipi, dal conseglio regio e dal parlamento di Parigi, non per mutar o innovar alcuna cosa nella religione, ma per componer la differenza e ridur al dritto camino li sviati; il che era anco ufficio della prudenza de' vescovi di procurare con ogni buono modo.
      Licenziato il consesso, si trattò tra i vescovi e teologi quello che si dovesse fare.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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