Fece di piú trattar col cardinale Farnese, legato d'Avignone, che cedesse quella legazione al cardinale di Borbone, promettendogli ricompensa, et avendo Farnese consentito, l'ambasciatore ne parlò al papa per nome di lui e del re di Navarra, proponendo che questo averebbe liberata Sua Santità dalla spesa et assicurata quella città dagl'ugonotti, quali l'averebbono rispettato, quando fosse nella protezzione d'un prencipe del sangue regio. Ogni persona di mediocre giudicio, non che uno versato ne' maneggi, si sarebbe avveduto che quella era un'apertura per levare con facilità da Roma il dominio di quella città et unirla alla Francia. Però il papa negò assolutamente d'acconsentirvi e riferí questo tentativo in concistoro, come che avesse sotto coperta qualche gran pregiudicio che non appariva alla prima vista, e fece grand'indoglienza contra la regina e contra il re di Navarra, che avendogli promesso piú fiate che in Francia non si sarebbe fatto cosa di pregiudicio all'autorità ponteficia, nondimeno favorivano l'eresia, erano autori di congregazioni de' prelati, di colloquii et altre cose pregiudiciali; che egli, procedendo con mansuetudine, era mal corrisposto: però subito dato principio al concilio, voleva con quel mezo far conoscer la riverenza che i prencipi secolari debbono portare alla Chiesa. Fece l'istessa indoglienza e minaccia all'ambasciatore, il quale dopoi d'aver esplicato che la dimanda della legazione era a buon fine e che tutte le opere della regina erano fatte con maturità e giustizia, soggionse che il concilio era piú desiderato dal re che da Sua Santità, con speranza che averebbe proceduto con la medesima equità e rispetto verso tutti i prencipi senza differenziargli.
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