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      Che l'imperatore aveva già fatto l'istessa ricchiesta per il re di Boemia, suo figlio, quale la propria conscienza induceva a questa opinione, e poi anco aveva fatta l'istessa dimanda per i popoli del suo patrimonio, ma che i cardinali mai hanno voluto accommodarvisi: però non voleva risolvere cosa veruna senza proporlo in concistoro e promise che nel prossimo ne averebbe trattato; il qual essendo intimato a' 10 decembre, l'ambasciatore, secondo il costume di quelli per cui instanza si trattano i negozii, andò la mattina, mentre i cardinali sono congregati aspettando il papa, per far con loro ufficii. I piú discreti di loro risposero che la dimanda era degna di gran deliberazione, alla quale non ardivano rispondere senza pensarci ben sopra; altri si turbarono come a nuova non piú udita. Il cardinale della Cueva disse che non sarebbe mai stato per dar il voto suo a favor d'una tal dimanda e che quando ben fosse stato cosí risoluto con l'autorità di Sua Santità e col consenso degli altri, sarebbe andato sopra i scalini di San Pietro ad esclamar ad alta voce e gridar misericordia, non restando di dire che i prelati di Francia erano infetti d'eresia. Il cardinale Sant'Angelo rispose che non darebbe mai un calice pien di sí gran veneno al popolo di Francia in luogo di medicina, e che era meglio lasciarlo morire che venir a rimedii tali. A' quali l'ambasciator replicò che i prelati di Francia s'erano mossi con buoni fondamenti e raggioni teologiche, non meritevoli di censura cosí contumeliosa; come dall'altra parte non era degno il dar nome di veneno al sangue di Cristo e trattar da venefici i santi apostoli e tutti i padri della Chiesa primitiva e della sequente per molti centenara d'anni, che hanno con sommo profitto spirituale ministrato il calice di quel sangue a tutti i popoli.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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