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      Questo letto, reclamò acremente fra Bartolomeo de' Martiri, arcivescovo di Braga in Portogallo, che si dovesse principiar il concilio da pregiudicii contra le chiese principali di cristianità, che la sua sede, avendo il primato di Spagna, ricevesse una sentenzia di dover esser sottoposta non solo alle altre arcivescovali sue suddite, ma anco ad un arcivescovo di Rosano, che è senza suffraganeo alcuno, et a quelli di Nissia et Antivari, che sono senza residenza e quasi senza popolo cristiano; esser cosa di poca equità voler una legge per sé et una per gl'altri, pretendere di conservare l'autorità propria e privar gl'altri della loro legitima. Parlò con tanta efficacia che i legati si viddero assai ben impediti, e con difficoltà lo quietarono con far scrivere una decchiarazione, dicendo la mente del papa e loro esser che per il decreto letto non s'acquisti ius, né si faccia pregiudicio ad alcuno, né sia offesa la raggione di qual si voglia, né in proprietà, né in possessione, ma ogni primate, o vero o preteso, dopo il concilio debba restar nello stato che era per inanzi.
      Con questo modo quietato a pena l'arcivescovo, gl'altri spagnuoli fecero instanza che l'apertura del concilio si facesse come continuazione del già principiato sotto Paolo e proseguito sotto Giulio, e se ne facesse espressa decchiarazione, sí che nissuno potesse cavillar che fosse un nuovo. A questo il vescovo del Zante, che era stato noncio in Germania e sapeva quanto una tal azzione sarebbe stata calunniata e quanta displicenzia n'averebbe ricevuto l'imperatore, replicò che sí come non si doveva metter dubio alcuno sopra le cose decise già, ma tenerle per determinate, cosí il farne adesso decchiarazione era senza necessità et averebbe tagliata tutta la speranza che l'imperatore et il re di Francia avevano di poter far nascer congiontura che i protestanti si sottomettessero al concilio et alcun di loro vi intervenisse.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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