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      Alcuni tenevano opinione che non era né luogo, né tempo, né opportunità di trattar quella questione, e che nissun bene nascerebbe dal determinarla, ma s'incorrerebbe pericolo di molti mali; che quel concilio era congregato per estirpar l'eresie e non per metter scisma tra' catolici, come avverrebbe condannando un'opinione seguita, se non dalla maggior parte, almeno dalla metà; che gl'autori di quel parere non l'hanno inventato per verità, ma per trovar maggior stimolo alla residenza; con poco fondamento di raggione però, atteso che non si vedono uomini piú diligenti in guardarsi dalle transgressioni della divina legge, che di quella della Chiesa; che il precetto della quaresima è meno trasgredito che quei del decalogo; che se il confessarsi e communicarsi alla Pasca fosse precetto di Dio, non si communicherebbono piú di quelli che adesso lo fanno; che il dir messa con gl'abiti è legge ecclesiastica e nissun la transgredisce; chi non obedisce a' commandamenti penali de' canoni, darà piú facilmente nella transgressione quando non temerà pene temporali, ma la sola giustizia divina, né vescovo alcuno per quella determinazione si moverà, ma ben darà occasione di machinar ribellioni dalla Sede apostolica e restrizzione dell'autorità ponteficia, come già si sente susurrare tra alcuni, et alla depressione della corte romana; che quella era il decoro dell'ordine clericale, qual negl'altri luoghi era rispettato per risguardo di quella; che quando fosse stata depressa, la Chiesa sarebbe meno stimata in ogni luogo, e però non era giusto trattar una materia tale senza communicarla con Sua Santità e col collegio de' cardinali, a' quali principalmente questa cosa toccava.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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