Raccolti i voti e divisi, e veduto che piú della metà volevano la dicchiarazione et una quarta parte solamente non la voleva, e gl'altri, se ben con la condizione, erano co' primi, nacquero parole di qualche acerbità, et il rimanente della congregazione passò in discorsi sopra questa materia, non senza molta confusione; la quale vedendo, il cardinale di Mantova, fatto silenzio et essortati i padri a modestia, gli licenziò.
Si consultò tra i legati quello che si doveva fare, e furono tutti concordi di minutamente dar conto al pontefice di tutto 'l successo et aspettarne risposta, e tra tanto proseguir le congregazioni sopra gl'articoli rimanenti. Voleva Mantova mandar a questo effetto Camillo Oliva, secretario suo, in posta con lettere di credenza, e Simoneta che si scrivesse il tutto in lettere. Fu concluso di componer insieme i pareri, e scritta una longa relazione del successo e rimesso il sopra piú al secretario, quello il giorno medesimo, la sera, partí di Trento. Il che, se ben esseguito con somma secretezza, penetrò nondimeno subito a notizia degli spagnuoli, quali fecero grandissime indoglienze che si vedesse dato principio ad un insopportabile aggravio, che ogni trattazione s'avesse non solo ad avisare, ma consultare e risolvere anco a Roma; che il concilio, congregato in quella città medesima due altre volte, per questa causa non ebbe successo e si disciolse senza frutto e con scandalo ancora, perché niente era risoluto da' padri, ma tutto in Roma; tanto che era passato in bocca di tutti un blasfemo proverbio: che la sinodo di Trento era guidata dallo Spirito Santo, inviatogli da Roma di volta in volta nella valise; che minor scandalo era stato dato da quei papi, quali ricusarono il concilio a fatto, che da questi che, congregatolo, l'hanno tenuto e tengono in servitú. Allora il mondo restava in speranza che, se pur una volta si poteva impetrar il concilio, s'averebbe visto rimedio ad ogni male; ora, osservate le cose già passate sotto 2 pontefici e che ora s'inviano, ogni speranza di bene si vede estinta, né piú bisogna aspettar alcun bene dal concilio, se debbe esser ministro degl'interessi della corte romana e moversi o fermarsi ad arbitrio di quella.
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