Spedite le lettere, fece ufficio con gli ambasciatori di Venezia e Fiorenza, acciò da quei prencipi fossero raccommandate le cose del pontificato agl'ambasciatori loro in Trento, e commesso che operassero co' prelati degli Stati loro di non intervenir in trattazioni contra la Sede apostolica e non esser tanto ardenti nella materia della residenza. Chiamò poi tutti i vescovi che ancora si ritrovavano alla corte, e gli mostrò il bisogno et il servizio che la loro presenza poteva in Trento prestare; gli caricò di promesse et a' poveri diede sovvenzione e gli spedí al concilio: il che fece cosí per accrescer il numero, quando si parlasse della residenza, come perché s'aspettavano 40 francesi, de' quali egli non pronosticava alcun bene. E per non aver il regno di Francia contrario, gl'ambasciatori del quale dovevano in breve arrivar a Trento, si risolse di dar aiuto al re di 100000 scudi in dono et altretanti in prestito, sotto nome che fossero de mercanti, dando il re sufficiente cauzione del capitale e dell'interesse, con condizione che si facesse da dovero e senza simulazione; che fossero rivocati gl'editti e la guerra fatta per la religione; che con quei danari si levassero svizzeri e germani, che stessero sotto il suo legato e con le insegne della Chiesa; che non si perdoni ad alcun ugonotto senza suo consenso; che siano impreggionati il cancelliero, Valenza et altri che egli dirà; che non sia trattata cosa nel concilio contra la sua autorità, e che non facciano gl'ambasciatori menzione delle annate; offerendosi però egli d'accordare col re in quella materia e riformarla con sodisfazzione di Sua Maestà.
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