I legati, vedendo le cose del concilio in mali termini, per molti rispetti, ma sopra tutto per il disgusto e sospezzione del pontefice, ebbero per necessario informarlo a pieno delle cose passate e delle imminenti. Fu eletto per questo fra Leonardo Marino, arcivescovo di Lanciano, per esser di spirito e grato al pontefice, da lui promosso e favorito molto, amico anco di Seripando, al quale diedero instruzzione d'informar pienamente il pontefice d'iscusar i legati, di pacificar la Santità Sua. Portò lettere communi de' legati per sua credenza: alle quali Simoneta fece molta e longa difficoltà a sottoscrivere, né l'averrebbe fatto, se non essendo convenuto che ricevesse anco lettere particolari di ciascuno. Simoneta scrisse che pensava di mandar l'arcivescovo di Rossano in sua specialità per piú compita informazione; ma poi, avendo pensato e consegliato meglio, deliberò di non farne altro, sin che non avesse veduto che effetto facesse l'opera di Lanciano.
[La mala intelligenza con Trento e le diffidenze del papa l'inducono ad armarsi]
Gli scambievoli disgusti e detrazzioni de' romani contra i trentini, e di questi contra di quelli, ad ogni arrivo di nuovo corriero, s'accrescevano. In Trento i fautori della residenza deploravano le miserie della Chiesa, la servitú del concilio e la desperazione manifesta di veder la Chiesa riformata in Roma. I contrarii si lamentavano che al concilio fosse machinato un scisma, anzi apostasia dalla Sede apostolica; dicevano che gl'oltramontani per odio et invidia contra gl'italiani miravano non tanto alla depressione, quanto all'abolizione del ponteficato, quale essendo il fondamento della Chiesa, che per tale Cristo l'ha posto, bisognava che ne seguisse total destruzzione dell'edificio.
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