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      Al cardinale di Mantova condescese a dire d'aver conosciuto con sommo piacer la sua innocenza et affezzione e che gliene mostrerà segno, pregandolo ad adoperarsi che il concilio presto si termini, poiché da' raggionamenti con Lanciano avuti ha compreso che al settembre si può metterci fine; et in conformità scrisse in commune a tutti i legati, che seguendo i vestigii del concilio sotto Giulio e pigliando le materie da quello già digeste, dovessero determinarle immediate e metterci fine.
     
     
      [In Trento si esamina la communione del calice]
     
      In questo tempo s'attese in Trento ad ascoltar l'opinione de teologi sopra i 6 articoli nelle congregazioni, e comminciarono il 9 e finirono il 23 del mese: nelle quali se bene 60 teologi parlarono, non fu detta cosa degna d'osservazione, atteso che, essendo la disputa nuova, da' scolastici non premessa e nel concilio constanziense di primo salto definita, e da' boemi piú tosto con le arme e forza che con raggione e dispute sostentata, non avevano altro da studiare che quanto dopo scrissero ne' prossimi 40 anni alcuni pochi, eccitati per le proposte di Lutero; imperò furono tutti concordi che non vi fosse necessità né precetto del calice. Per prova della conclusione allegavano luoghi del Nuovo Testamento, dove il pane solo è nominato, come in san Giovanni: "Chi mangia questo pane viverà perpetuamente". Dicevano che sino nel tempo degl'apostoli era in frequente uso la sola specie del pane, come in san Luca si legge che li discepoli in Emaus conobbero Cristo nel franger il pane, e del vino non ci è menzione; e san Paolo, in mare naufragante, benedice il pane, né di vino si parla; in molti de' canoni vecchi si fa menzione della communione laica differente da quella del clero, che non poteva esser in altro che nel calice.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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