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      Restava trattar co' francesi, dove trovarono piú facilità che non credettero, dicendo essi che quella non era cosa da loro proposta, né ricercata, ma solo in quella avevano fatto assistenza agl'imperiali. Superata questa difficoltà, si diedero a formar i decreti, il che acciò si potesse con maggior prestezza esseguire, fecero intender che, volendo alcuno raccordare qualche cosa, la ponesse in scritto, acciò non si tardasse la composizione.
     
     
      [Rimostranze de' francesi neglette. Discorso del vescovo di Filadelfia per aspettar i tedeschi]
     
      Nella congregazione de' 8 Daniel Barbaro, patriarca d'Aquileia, nel suo voto disse che essendo venuta nuova dell'accordo di Francia e dovendosi per ciò creder che molti prelati venirebbono saria bene aspettar di trattar de' dogmi sino al loro arrivo; né essendo di ciò fatta instanza da altri, meno dagli stessi ambasciatori francesi, la proposta cadette da sé. Nella seguente congregazione Antonio Agostino, vescovo di Lerida, raccordò che fosse ben far menzione delle consuetudini di Francia, secondo l'instanza degl'ambasciatori, ponendovi parole che riservassero i privilegii di quel regno; soggiongendo che ancora dopo la determinazione del concilio di Costanza li greci non sono stati vietati dal communicar col calice, avendolo per privilegio, quale egli ha veduto; né essendo seguito da altri che da Bernardo dal Bene fiorentino, vescovo di Nimes, anco questo raccordo fu posto a canto. Dopo la congregazione l'ambasciator Ferrier ricchiese l'Agostino con curiosità del tenore, autore e tempo di quel privilegio; il quale avendo egli riferito a papa Damaso, rise l'ambasciator, essendo cosa certa nella Chiesa romana 100 anni dopo Damaso l'astenersi dal calice era stimato sacrilegio e che l'ordine romano descrive la communione de' laici sempre col calice, e che sino del 1200 Innocenzio III fa menzione che le donne ricevano il sangue di Cristo nella communione.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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