Dopo finite le ceremonie, fu dal celebrante letta la dottrina in quattro capi, continenti in sostanza: che la sinodo, andando attorno molti errori circa il sacramento dell'eucaristia, ha deliberato espor quello che tocca alla communione sub utraque e de' fanciulli, proibendo a tutti li fedeli di creder, o insegnar o predicar altrimenti. Per tanto, seguendo il giudicio e consuetudine della Chiesa, dicchiara che i laici e chierici non celebranti non sono ubligati per alcun divino precetto a communicare sub utraque, e non potersi dubitar, salva la fede, che la communione d'una sola specie non basti; che se ben Cristo ha instituito e dato il sacramento sotto due specie, da questo non s'ha da inferire che tutti siano ubligati a riceverlo, né meno questo si può inferire dal sermone di nostro Signore narrato nel sesto capo di san Gioanni, dove, se ben sono parole che nominano ambe le specie, ve ne sono anco che nominano quella sola del pane. Decchiara, oltre ciò, esser stata sempre nella Chiesa potestà di far mutazione nella dispensazione de' sacramenti, salva la sostanza; il che può cavare in generale dalle parole di san Paolo che i ministri di Cristo sono dispensatori de' misterii di Dio, et in speciale nell'eucaristia, sopra la quale si riservò dar ordini a bocca. Che la Chiesa conoscendo questa sua autorità, se ben dal principio era frequente l'uso d'ambe le specie, nondimeno, mutata quella consuetudine per giuste cause, ha approvato quest'altra di communicar con una, la qual nissun può mutare senza l'autorità della medesima Chiesa.
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