Concludevano: avendosi a deliberare la messa esser sacrificio, come veramente era, si poteva abondantemente farlo per le efficacissime prove della Scrittura e padri, senza voler anco aggiongervi prove non sussistenti. Questa differenza non fu tra molti e pochi, ma divise cosí i teologi come i padri in parti quasi pari e fu occasione di qualche contenzione. I primi passarono a dire che l'altra opinione era errore e chiedevano un anatematismo che gl'imponesse silenzio, con dannar d'eresia chi dicesse Cristo non aver se stesso offerto nella cena sotto le specie sacramentali; gl'altri in contrario dicevano che non era tempo di fondarsi sopra cose incerte e sopra nuove opinioni, non udite e non pensate dall'antichità, ma doversi star sopra il chiaro e certo, e per la Scrittura e per i padri, cioè che Cristo ha commandato l'oblazione. Tutto il mese di luglio fu consumato da' 17 che parlarono sopra i primi articoli; sopra gl'ultimi in pochi giorni si spedí piú tosto con ingiurie contra protestanti che con raggioni. Non è ben narrare li particolari, se non alcuni pochi notabili.
Nella congregazione de' 24 luglio, la sera, Giorgio d'Ataide, teologo del re di Portogallo, si diede a destrugger tutti li fondamenti degl'altri teologi fatti per provare il sacrificio della messa con la Scrittura divina; e prima disse non potersi metter in dubio se la messa sia sacrificio, perché tutti i padri l'hanno con aperte parole detto e replicato in ogni occasione, et incomminciò da' latini e greci della Chiesa antica de' martiri, e passò di tempo in tempo sino a' nostri, affermando che nissun scrittor cristiano vi sia che non abbia chiamato l'eucaristia sacrificio; però doversi concluder per certo che per tradizione degl'apostoli cosí sia insegnato; la forza della quale è abondantissima et efficacissima per far articoli di fede, come questo concilio ha da principio insegnato.
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