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      Perilché conveniva parlar in tutte le parti piú riservato e non esser giusta cosa metter mano, come correttori, nelle allora ordinate: meglio esser far di nuovo e non dar occasione di dire che s'abbia raccolto il seminato d'altri. Granata era discorde da tutti, non voleva che si dicesse che Cristo offerí nella cena, né meno che instituisse il sacrificio con quelle parole: fate questo in mia memoria. Seripando, quanto al primo diceva non averlo per necessario e potersi tralasciare, bastando che Cristo abbia instituito l'oblazione, ma esser ben necessario dire con qual parole, né esserne altre che le sudette. Ma Giovanni Antonio Pantusa, vescovo di Lettere, con molta passione voleva nel decreto le raggioni e di Melchisedech e di Malachia, e l'adorazione della samaritana, e le mense di san Paolo, e l'oblazione di Cristo nella cena, e ogni altra raggione allegata. In fine, dopo disputa di piú giorni, convennero di metter ogni cosa, perché li prelati nelle congregazioni averebbono detto il parere e si sarebbe levato quello che alla maggior parte non fosse piacciuto. Fecero anco una raccolta d'abusi ch'occorrono giornalmente nella celebrazione delle messe, in poco numero rispetto a quelli che del 1551 furono notati.
     
     
      [Disputa sopra la minuta del decreto]
     
      Il dí 3 agosto fu fatta congregazione generale per ricever li procuratori de' vescovi di Ratisbona e Basilea, a fine d'onorar questo secondo, ad onta della città di Basilea, che contendeva anco con lui per il titolo, volendo che non di Basilea, ma di Bontruto si dimandasse.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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