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      Al vescovo di Segorve rispose che l'imperatore non litigava con prencipe alcuno, né procurava pregiudicii ad altri, e ricchiedeva il calice a' suoi popoli per grazia e non per giustizia; ma verso quelli che dicevano non doversi dar la cura agl'ordinarii di ciò, ma mandar delegati dalla Sede apostolica, motteggiò con un poco d'asprezza, dicendo se pareva loro che a chi s'era fidata la cura delle anime e tutto 'l governo spirituale non si dovesse fidar una cosa indifferente, o pur se pensavano che questa fosse cosa eccedente il governo episcopale; che il rimetterlo al papa non era se non aggiongergli nuove e continue molestie. Al Filadelfia rispose che non solamente li catolici non sarebbono turbati, ma consolati, potendo viver uniti con quelli da chi sostengono molti travagli ora. A chi voleva procuratori espressi, disse non esser maraviglia se nissuno viene a dimandar questa grazia, perché l'imperator ha preso a dimandarla per loro, il qual potrebbe farne venir innumerabili, se i padri cosí vorranno. Ma sí come il concilio aveva avuto rispetto di non far il salvocondotto troppo largo, acciò non venisse tanta moltitudine de protestanti che gli mettesse paura, cosí doveranno aver maggior rispetto a ricercar che venissero a tal fine, atteso che piú venirebbono per impetrar questa concessione. Concluse che si avesse compassione alle loro chiese e si tenesse conto della dimanda di tanto prencipe, che per desiderio dell'unione della Chiesa
      non parla mai di questo negozio senza lacrime.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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