In fine si gravò della passione de molti prelati che, per vano timore di veder mutazione nelle regioni loro, vogliono veder la perdita dell'altre; in particolare si querelò del vescovo di Rieti, che tenesse l'imperator per prencipe ignaro di governo, che non sapesse quello che fosse utile per i Stati suoi, se Sua Signoria Reverendissima, versata in servir alle mense de cardinali in Roma, non gl'insegnava. Finalmente disse che molte altre cose gli restavano da respondere, che erano state dette di provocarlo quasi a duello, ma gli pareva meglio tolerarle e passarle pazientemente. Replicò quello che altre volte avevano detto, cioè che, non concedendo l'uso del calice, saria stato meglio che il concilio non si fosse mai fatto; le quali parole decchiarò soggiongendo che molti popoli erano restati nell'ubedienza del pontefice con speranza che nel concilio gli fosse concessa questa grazia, li quali si sarebbono alienati afatto, vedendosi fraudati di quella speranza.
Andrea di Cuesta, vescovo di Lione in Spagna, disse che non si poteva dubitare dell'ottimamente di Cesare e del duca di Baviera, né disputar se la Chiesa poteva far tal permissione, ma solo considerar quello che fosse ispediente. Il parer suo esser che si immitassero li padri antichi e l'uso continuo della Chiesa di non condescender alle petizioni d'eretici: si vede per la prattica del concilio niceno che, se ben andava il mondo sottosopra, non volsero conceder loro un solo iota, e li dottori si sono astenuti dalle parole usate da eretici, se ben avessero buon senso; che non si sarebbono contentati di questa concessione; che li catolici l'averebbono sentita male; che per incerta speranza di ridur alcuni pochi eretici, s'averebbono perduti molti catolici; esser grand'argomento che i vescovi di Germania non facevano la dimanda; che la petizione non era per divozione, essendo da gente che non dà nissun segno di spiritualità; che egli non sapeva intender come fossero penitenti e volessero tornar alla Chiesa e creder che fosse retta dallo Spirito Santo, con ostinazione però di non voler tornare senza questa grazia; che questa ostinazione mostra che non hanno la raggione formale della fede; che se il concilio basileense altre volte concesse ciò a' boemi, fu perché si rimessero assolutamente alla Chiesa, qual poi per benignità lo concesse; che non si debbe dir vero rimedio quello che non è necessario per natura della cosa, ma per malizia degl'uomini; che la sinodo non debbe nutrirla e fomentarla; che s'immita assai l'essempio di Cristo in cercar le pecore smarrite, quando si chiamano, invitano e pregano; che se questa grazia s'ha da conceder, è meglio che si conceda dal papa, qual potrà revocarla, se le condizioni non saranno adempite; che concedendola il concilio, se il papa vorrà annullarla, pretenderanno che non lo possi fare e che l'autorità sua non sia sopra il concilio; che gl'eretici sempre procedono con falsità e con inganni.
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