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      E Girolamo Guerini, vescovo d'Imola, usando concetti e parole poco dissimili, inalzò anco l'autorità de' concilii provinciali per confermare l'openione sua di non conceder il calice, con dire che conveniva aver l'autorità di quelli per obligatoria, sin tanto che da un concilio generale non fosse determinato in contrario, allegando in ciò sant'Agostino; e nel fervor del dire uscí in queste parole: che il concilio generale non aveva alcun superiore; ma avvedutosi poi che gl'altri ponteficii (perché di quel numero esso ancora era) restarono offesi, cercò di moderare con replicar le stesse cose et aggiongervi l'eccezzione dell'autorità ponteficia; con qual modo di trattare non sodisfece né all'una, né all'altra parte; fu però scusato dal maggior numero de' suoi et attribuito il fatto ad inconsiderazione, poiché egli in diverse occasioni nelle congregazioni inanzi aveva redarguito quelli che allegavano il concilio basileense. Il cardinale Simoneta però, con tutto che di lui si valesse a far simile opposizioni, non restò d'interpretar in sinistro et attribuirgli che era trascorso portato dall'affetto, per non essergli state spedite le bolle del suo vescovato gratuitamente, come pretendeva.
      L'ultima congregazione sopra questa materia fu il 5 settembre, e fra gl'altri che in quella parlarono, disse Ricardo da Vercelli, abbate prevalense in Genova, canonico regolare, sostentando la parte negativa; che nel concilio basileense quella materia fu disputata per piú giorni, restando ancora la disputa raccolta per fra Giovanni di Ragusi, procurator de' dominicani, e finalmente fu definita e negato a' boemi assolutamente il calice: onde non si può oggi venir ad altra deliberazione, senza far apparir al mondo che allora la Chiesa fallasse in un concilio generale.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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