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      Ma Simoneta, che intese la mente del papa piú come era nel capo di quello, che come nella lettera espresso, tenne tanto fermo che si risolvé il contrario; et a Roma avisò quanto fosse pericoloso metter in dubio gl'ordini assoluti già dati di venire all'espedizione, con li condizionati per dar sodisfazzione di parole, prestando fomento a mal intenzionati d'attraversare le buone risoluzioni e mettendo sopra di loro carica che gli rendeva odiosi, gli faceva perder riputazione e rimaner inetti a far il servizio di Sua Santità. Fu anco Simoneta favorito dal buon evento, perché non essendovi opposizione di momento, fu stabilito il capitolo degl'abusi della messa con gli 11 della riforma, et il decreto della communione ebbe minor difficoltà che non si credette.
      Alla prima proposta non passò, perché diceva che il papa, eziandio per voto et approbazione del concilio, facesse quello che giudicarà utile, e questo fu impugnato insieme da quelli che tenevano la negativa e da quelli della remissiva; cosa che indusse li legati a risoluzione di tralasciar afatto quella materia, e cosí deliberati ne fecero scusa con gli imperiali, poiché né dal pontefice, né da loro veniva il mancamento. Ricercarono gl'ambasciatori, che si proponesse levata la clausula del voto et approbazione; ma li legati, tenendo per fermo che questa proposta averebbe potuto causare dilazione nella sessione, si rendevano difficili per ciò. Gl'ambasciatori protestarono che, vedendo esser fatta cosí poca stima dell'imperatore, non erano per intervenire piú, né in congregazione, né in sessione, sin che Sua Maestà avisata avesse dato quegli ordini che convenivano alla degnità imperiale; onde li legati non solo si contentarono di proporla di novo, levata la clausula, ma promisero anco di far officio et adoperar altri ancora.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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