Fece gran riflesso, narrando che per 18 mesi i francesi sono stati aspettati in Trento, trattenendo lui con varie e frivole scuse. Si dolse ancora della sua condizione: che, se il concilio usa qualche rispetto verso lui, che lo fa ben in poche cose, gl'ambasciatori che sono là si lamentano che il concilio non è libero, e con tutto ciò essi medesimi lo ricercano di ordinare dilazione, che è la cosa piú ingiusta e piú aborrita da' padri di ogni altra. Concluse che quando avesse certezza o verisimilitudine della loro andata, farebbe opera che fossero aspettati. Aggionse d'aver dato ordine d'esser avisato per corrier espresso quando partirà il cardinale, et allora farà opera che sia aspettato; tra tanto non gli parer giusto fare che i padri stiano oziosi; e quanto alla riforma, esser piú necessario aspettarlo che per le materie de' dogmi, le quali non toccano a lui, che è buon catolico et è certo, che non può dissentire dagl'altri, ma ben nella riforma è giusto ascoltarlo, quale gli appartiene, essendo un secondo papa con molti beneficii e 300000 scudi d'entrata de' beni di Chiesa, dove esso pontefice non aveva piú d'un beneficio solo, del qual si contentava; che aveva con tutto ciò riformato se stesso e tutte le parti della sua corte, con danno e perdita di molti officiali di quella, e farebbe ancora di piú, se non vedesse chiaro che, diminuendo le sue entrate, egli faceva il fatto degl'avversarii suoi, indebolendo le forze proprie e li nervi del suo Stato, et esponendolo, insieme con tutti i catolici che sono nella sua protezzione, alle ingiurie de' suoi nemici.
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