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      Scrisse al noncio suo che gli communicasse il dissegno de' francesi, inviato a voler un papa, per poter con quel mezo occupar Napoli e Milano da loro pretenduti. E per non mancar dal canto suo, accioché fosse levata parte de' fondamenti sopra quali quel cardinale poteva edificare, che erano gl'abusi per tempi passati di prossimo occorsi, fece una bolla in questa materia, la qual, se bene non conteneva di piú che le provisioni altre volte fatte da diversi pontefici, quali sono invecchiate senza effetto, s'averebbe nondimeno potuto dire non esservi bisogno d'altra riforma in quella parte, poiché la bolla rimediava a tutti gl'inconvenienti occorsi et almeno gli levava la forza, sí che non si poteva pretender che fossero in vigore; et a chi volesse pronosticargli che sarebbe poco osservata, come altre precedenti, s'averebbe risposto che chi mal fa, mal pensa, et esser officio della carità cristiana aspettar il bene da ciascuno. Fu data questa bolla il nono dí d'ottobre 1562.
      Dopo questo gli gionse aviso che in Spagna s'erano tenute molte congregazioni sopra la riforma universale, per dar commissione all'ambasciatore che si manderebbe a Trento, a fine che li prelati spagnuoli fossero uniti et operassero tutti ad un scopo. Non gli fu grata la nuova e meno piacque a' legati che il re mandasse altro ambasciatore, perché il marchese di Pescara operava molto conforme alla mente del papa, e li ministri che egli adoperava in Trento erano milanesi, affezzionati alla persona di Sua Santità e de' suoi parenti et al cardinale Simoneta, che di loro s'era valuto a servizio del pontefice in ogni occorrenza.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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