Ma il conte di Luna, che si dissegnava mandare, stato con l'imperatore e re de Romani e molto grato a loro, era impresso de' concetti di quei prencipi, e tanto piú, quanto era fama (et è vero che cosí fu deliberato, quantonque non s'effettuasse) che doveva venir in nome ambasciatore dell'imperatore, per evitar la differenza di precedenza con Francia, ma in fatti ambasciator del re; et al pontefice era sospetta la congionzione di quei prencipi per molti rispetti, e massime per il re di Boemia, che in molte cose s'era mostrato alieno da lui; né meno sospetta gli era la destinazione del conte di Luna, il qual non poteva ritrovarvisi, se non finita la dieta di Francfort; la qual perché al meno sarebbe durata sino in fine dell'anno, porgeva congettura che il re avesse animo di mandar il concilio molto in longo. Ma ricevuto l'ultimo aviso da' legati, restò piú perplesso, vedendo anco li prelati, eziandio li suoi medesimi, come congiurati a prolongarlo per gl'intempestivi officii, quantonque i loro interessi ricercassero l'ispedizione. Propose le lettere in congregazione de' cardinali, ordinando che si pensasse al modo piú d'ovviare ad una infinità d'imminenti difficoltà, che come levarsi la noia presente, poiché quanto il concilio piú procedeva inanzi, tanto era piú difficile da maneggiare, né si poteva da Roma, per la lontananza, dar ordine che, gionto là, non fosse intempestivo; cosa che andando alla longa, averebbe causato qualche gran male. Si dolse che tra gl'oltramontani fossero uniti a prolongarlo per proprii interessi: l'imperatore per gratificar li tedeschi, a fine di far elegger il figlio re de' Romani; Francia per poter valersene in caso d'accordo con ugonotti; Spagna per li suoi rispetti di tener in speranza i Paesi Bassi.
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