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      Quanto alla riforma, che la Santità Sua era risoluta, per quello che toccava al pontificato et alla corte, di non voler che altri se n'intromettessero; che già aveva fatto tante riforme, come a tutto 'l mondo era noto, che regolava ogni disordine, e se alcuna cosa rimanesse, l'averebbe aggionta; del resto dicessero apertamente a tutti che Sua Santità rimetteva la riforma liberamente al concilio, et essi proponessero, delle cose raccordate dagl'imperiali e decretate da' francesi in Poisí, quelle che piú giudicavano ispedienti, non venendo però a risoluzione senz'avisar prima.
      La proposta di finir il concilio fu stimata dalla congregazione di maggior momento, non perché non avessero per evidente la necessità di farlo, ma per non veder il modo, atteso che restando tante materie da trattare, né potendosi indur li prelati alla brevità del parlare et alla concordia del trattare (cose necessarie per una presta espedizione) era impossibile pensar di chiuderlo, se non in longo tempo. Il sospenderlo senza consenso de' prencipi pareva cosa pericolosa e scandalosa, atteso massime l'aviso già alcuni giorni avuto da' legati, che gl'ambasciatori Ferrier e Cinquechiese avevano detto che, quando il concilio si suspendesse, non partirebbono da Trento, né lascierebbono partir li prelati aderenti, senza aver prima commissione da' loro prencipi. Il ricercarla portar molto tempo, perché indubitatamente averebbono voluto ciascuno d'essi, prima che risponder, saper la mente dell'altro; per tanto in questo punto non seppero altro risolvere, se non che si sollecitassero li legati all'espedizione delle materie.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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