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      Addusse per testimonii il vescovo di Segovia, che intervenne come prelato in quel concilio, e fra Ottaviano Preconio da Messina, arcivescovo di Palermo, che, non ancora prelato, allora v'intervenne come teologo. Soggionse che non si poteva mancar di dicchiarare l'uno e l'altro de' doi ponti, cioè li vescovi esser instituiti iure divino et essere iure divino superiori a' preti, per esser negato dagl'eretici; e si estese con molti argomenti, raggioni et autorità a comprobare il suo parere. Allegò Dionisio, che disse l'ordine de' diaconi riferirsi in quello de' preti, quello de' preti in quello de' vescovi e quello de' vescovi in Cristo, vescovo de' vescovi. Aggionse Eleuterio, pontefice romano, che in un'epistola a' vescovi di Francia scrisse che Cristo aveva commesso a loro la Chiesa universale. Aggionse Ambrosio, che nell'Epistola a' corinzii disse che il vescovo tiene la persona di Cristo et è vicario del Signore. Aggionse ancora l'epistola di Cipriano a Rogaziano, dove piú volte replica che, sí come li diaconi sono creati da' vescovi, cosí i vescovi sono fatti da Dio, et aggionse quel celebre luogo del medesimo santo, che il vescovato è uno e ciascuno de' vescovi tiene una parte di quello. Disse che il papa era vescovo come gl'altri, essendo egli e loro fratelli, figliuoli d'un padre, Dio, d'una madre, la Chiesa: perilché anco il pontefice gli chiama fratelli; onde se il papa era instituito da Cristo, dal medesimo erano parimente instituiti li vescovi. Né si può dire che il papa gli chiama fratelli per termine di civiltà o d'umiltà, perché li vescovi ancora ne' secoli incorrotti hanno chiamato lui fratello.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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