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      Prese da questo il cardinale varmiense occasione d'interromperlo, che pur ancora seguiva, e disse, secondo il concerto, che di questo non era alcuna controversia con gl'eretici, anzi che nella confessione augustana tenevano il medesimo; però era soverchio et inutile metterlo in dubio, e che li padri non dovevano entrar in disputa di cosa nella quale convenissero insieme catolici et eretici. Perilché Granata, levatosi in piedi, replicò che la confessione augustana non confermava questo, anzi contradiceva, e non poneva distinzione alcuna tra il vescovo et il prete, se non per constituzione umana; asseriva che la superiorità de' vescovi fu prima per costume, e poi per constituzione ecclesiastica, e tornò a ricercar che nella sinodo fosse fatta questa definizione, overo che si rispondesse alle raggioni et autorità da lui allegate. Il cardinale tornò a replicare che gl'eretici non negavano le cose dette, ma solamente moltiplicavano l'ingiurie e maledizzioni et invettive contra li costumi presenti; e passate tra loro altre repliche, Granata tutto sdegnato et infocato, disse che si rimetteva alle nazioni.
      Dopo di questo, fatto e quietato qualche tumulto, degl'altri parlarono, ricevendo le cose come erano proposte senza l'aggionta, chi fondati sopra il detto di varmiense e chi tenendo che solo il papa sia instituito de iure divino, sin che toccò all'arcivescovo di Zara; il qual disse esser necessario aggionger le parole: de iure divino per dannar quello che gl'eretici dicono in contrario nella confessione augustana; dove ritornando varmiense a dire che in detta confessione non vi era cosa alcuna dove gl'eretici dissentissero in questo, et allegando Zara il luogo e le parole, la contenzione s'allongò tanto che per quel giorno finí la congregazione.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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