Et il cardinale varmiense scrisse una longa lettera al padre Canisio alla corte cesarea in conformità, acciò facesse l'istesso ufficio col medesimo conte.
[Si rimette su la residenza e si travaglia a farne decreto]
Data fuori la dottrina tratta da' pareri detti nelle congregazioni inanzi, di nuovo si comminciarono a dir i voti sopra di quella il terzo del mese di novembre; ma inanzi il cardinale Simoneta ammoní li suoi a parlar riservatamente e non scorrere in parole irritative, poiché quel tempo ricercava piú tosto che gl'animi si addolcissero. Ma avendosi per 3 giorni parlato di quella, e per la connessione delle materie ritornandosi spesso nella controversia, pensarono li legati esser necessario proponer anco alcuna cosa di riforma, massime perché, avvicinandosi li francesi, il vescovo di Parigi andava publicamente dicendo che sarebbe tempo di dargli principio, con sodisfazzione della francese e delle altre nazioni, deputando prelati di ciascuna, che avessero a considerar i bisogni di quei paesi, non potendo gl'italiani, né in Trento, né in Roma, sapergli; che sino allora non s'era fatta riformazione alcuna, tenendosi per nullo quello che già era statuito. Ma i legati, dovendo proponer riforma, giudicarono necessario, per non dar occasione molti inconvenienti, incomminciar dalla residenza.
Già è stato narrato quello che il pontefice scrisse in questa materia; dopo il che i legati e gl'aderenti furono in continuato pensiero di formar un decreto che potesse satisfar al pontefice, avendo anco risguardo alla promessa fatta a' prelati dal cardinal di Mantova.
| |
Canisio Simoneta Parigi Trento Roma Mantova
|