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      Che molti d'essi, e specificamente il duca di Vittemberg, erano di volontà d'intervenir al concilio; ma era necessario dargli sodisfazzione con un principio di riforma, nel che il servizio di Dio ricercava che Sue Signorie Illustrissime s'occupassero; narrò il desiderio del re che si provedesse al bisogno de' suoi popoli con opportuni rimedii, poiché sí come al presente s'aveva guerra con gl'ugonotti, quando non si rimediasse agl'abusi, s'averebbe avuto che fare maggiormente co' catolici, l'ubedienza de' quali si sarebbe perduta. Che queste erano le cause perché la Maestà Sua l'aveva mandato al concilio. Si dolse che di tutta la somma del danaro promesso per imprestito dal pontefice al re, non s'era potuto valer piú che di 25000 scudi, sborsati dal cardinale di Ferrara, per le condizioni poste ne' mandati, che non si potessero essiger se non sotto certe condizioni di levar le pragmatiche di tutti li parlamenti del regno, cosa di tanta difficoltà che levava la speranza di potersi prevalere pur d'un denaro. In fine disse che aveva portato nuove instruzzioni agl'ambasciatori, e però, quando avesse parlato alla sinodo nella prima congregazione per nome del re, all'inanzi non averebbe atteso ad altro che a dire i suoi voti liberamente come arcivescovo, non volendosi intromettere nelle cose del regno, ma lasciarne la cura a loro.
      Fu risposto da' legati senza altra consultazione tra loro, secondo che a ciascuno meglio parve, lodando la sua pietà e devozione verso la Sede apostolica et offerendosi essi ancora di communicar con lui tutti i negozii.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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