E nel dar conto in consistoro delle differenze per causa dell'instituzione e della nuova proposta della residenza, uscí ad esclamare che tutti li vescovi beneficiati da lui gli erano contrarii e che nodriva in Trento un essercito de nemici. Era anco openione che in suo secreto avesse caro qualche progresso degl'ugonotti in Francia o qualche avantaggio de' protestanti nella dieta di Germania, a fine che il concilio si dissolvesse senza sua opera: nondimeno, tutto intento a' rimedii, ordinò che i vescovi non ancora partiti da Roma, si partissero immediate, e volle che anco Marco Antonio Boba, vescovo di Austa, ambasciatore del duca di Savoia appresso di sé, vi andasse. Dall'altra parte proibí l'andarvi all'arcivescovo turritano et al vescovo di Cesena: a quello perché nel concilio sotto Paolo, nella materia della residenza, con piú costanza che non comportava il tempo, diffese che fosse de iure divino; il vescovo di Cesena perché era molto intrinseco del cardinale di Napoli, del quale dubitava assai per la carnificina de' 2 zii di quello e per le essecuzioni fatte contra la sua persona; e temeva, perché in mano del conte di Montebello, padre del cardinale, si diceva esser una poliza di mano d'esso papa, essendo cardinale in conclavi, per quale prometteva certa somma de danari al Napoli per il suo favore. Ma con tutto che la maggior diffidenza fosse sopra francesi, nondimeno giudicò meglio dissimularla. Mandò in Francia 40000 scudi per resto de' 100000 promessi, et a Trento mandò Sebastiano Gualtero, vescovo di Viterbo, insieme con Ludovico Antinori, li quali, essendo stati in Francia, avevano qualche conversazione con alcuni di quei prelati e servitú col cardinale, sotto colore d'onorarlo; e scrisse a lui et a Lansac lettere piene di compimenti e confidenza.
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