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      Concluse che rimettendosi egli, quanto a' particolari, al voler e prudenza del cardinale, gli pregava dargli fede in quello che averebbe detto da sua parte.
      Dopo questo parlò il cardinale. Nel principio narrò le miserie del regno: deplorò le guerre, le demolizioni delle chiese, le uccisioni de' religiosi, la conculcazione de' sacramenti, l'incendio delle librarie, delle imagini, delle reliquie de' santi, la devastazione delle sepolture de' re, prencipi e vescovi, l'espulsione de' veri pastori; e passando alle cose civili, narrò lo sprezzo della Maestà regia, l'usurpazione delle entrate regali, la violazione delle leggi, le sedizioni eccitate nel popolo; e di tutti questi mali attribuí la causa alla corrozzione de' costumi, alla disciplina ecclesiastica rovinata, alla negligenza usata nel reprimere l'eresia et usar li remedii instituiti da Dio. Voltato agli ambasciatori de' prencipi, gli raccordò che quello che oziosi, vedono ora in Francia, pentiti tardi lo esperimenteranno a casa loro, se la Francia, cadendo con la sua mole, darà ne' luoghi vicini; con tutto ciò disse restarci ancora rimedii: la virtú et indole del re, li consegli della regina e del re di Navarra e degl'altri prencipi, quali non perdonano alla vita et all'aver; ma il principale esser aspettato da quella sinodo, d'onde debbe venir la pace di Dio eccedente ogni senso. Del che essendo certo il re Cristianissimo, mosso dalla osservanza verso quella sinodo, e per la molestia che sente per i dispareri della religione, due cose da loro ricercava.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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