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      La prima, che si fugissero le nuove discordie, le nuove et infruttuose questioni, e si procurasse sospensione d'arme tra tutti li prencipi e Stati, che non si dasse scandalo a' protestanti con dargli occasione di credere che la sinodo attenda piú tosto ad incitar i prencipi alle armi, a trattar confederazioni e leghe, che a servar l'unità della pace. Che il re Enrico l'ha primieramente stabilita, e poi il re Francesco II continuata, et il presente re pupillo con la madre l'hanno sempre desiderata; il che se ben è infelicemente successo, convien però temer, come piú infelici, gl'avvenimenti della guerra: perché essendo posti tutti li stati del regno in pericolo di naufragio, uno non può l'altro aiutare. Onde desidera che si tenga qualche conto degli sviati dalla Chiesa, condannandogli quanto si può senza offesa di Dio, et avendogli per amici per quanto si può, e sino agl'altari. La seconda ricchiesta, commune al re coll'imperatore e gl'altri re e prencipi, era che si trattasse della riforma de' costumi e della disciplina ecclesiastica, mettendoci seriamente la mano, al che il re gl'ammoniva e scongiurava per il Signor nostro Cristo, che verrà al giudicio, che volendo redintegrar l'autorità della Chiesa e ritener quel regno di Francia, non voglino misurar gl'incommodi de' francesi co' proprii loro; rallegrarsi che Italia sia tutta in pace e che la Spagna ne tenga il timone. La Francia esser caduta et a pena tenerlo con un dito. Soggionse che, se [di]manderanno a chi debbia ascriver la causa della tempesta e fortuna eccitata, egli non poteva altro rispondere, salvo che dicendo: "Per noi è stata questa fortuna, buttateci in mare". Perilché esser bisogno d'ardire e di cuore, e d'attender a se medesimi et a tutto 'l gregge.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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