Avevano però i ponteficii tra i spagnuoli Bartolomeo Sebastiani, vescovo di Patti, che se ben spagnuolo di nazione, per aver vescovato in Sicilia, aveva grand'intelligenza con Roma, da quale gli veniva scoperto tutte le prattiche e consegli loro. Tra i francesi, sino al tempo quando il cardinale di Lorena si metteva in ordine per il viaggio, il noncio di Francia guadagnò fra Giacomo Ugonio francescano, teologo sorbonista, eletto dal cardinale di Lorena per sua compagnia; col quale ebbe qualche ingresso per esser egli constituito procurator al concilio da Gioanni Ursino, vescovo di Triguier, e diede conto a Roma e l'inviò per corrispondenza in Trento con sue lettere a Lattanzio Roverella, vescovo d'Ascoli. Ma al cardinale Simoneta non piacque confidar tanto di quel vescovo, né volse lasciargli saper l'intelligenza che si doveva tener col teologo. Però, avvicinandosi Lorena a Trento, fece che il vescovo di Ventimiglia mandò incontra un altro frate di san Francesco, chiamato il Pergola, all'Ugonio, a dirgli per sua parte che era avisato dal noncio di Francia della lettera che portava a monsignor d'Ascoli, dal qual noncio gl'era scritto che dovesse parlar con lui prima che la consegnasse. Dal Pergola fu fatto destramente l'officio, sí che il teologo diede intenzione di cosí fare e, conforme all'ordine, pochi giorni dopo che fu in Trento, andò a trovar il Ventimiglia e dopo fatta la ricognizione e dati li contrasegni di trattar insieme, il frate gli fece relazione dello stato delle cose; e gli disse tra le altre la maggior parte della rovina del regno derivare dalla regina, la qual favoriva gl'eretici; et egli l'aveva chiaramente conosciuto nelle dispute che in presenza di lei gli era occorso piú volte far con loro.
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