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      Disse parergli strano che di tutte le cose sue e de' suoi prelati si pigliasse ombra; si dolse che dagl'italiani fosse ingiuriata la nazione sua, affermando aver con le proprie orrecchie udito alcuni prelati a dire derisoriamente il proverbio scurrile, che già era fatto vulgato per tutto Trento, cioè: "Dalla scabie spagnuola siamo caduti nel mal francese"; del che anco si lamentavano con ogni occasione e gl'altri francesi et eziando li spagnuoli; le indoglienze de' quali, come è costume, incitavano maggiormente li curiosi e s'accrescevano tra le nazioni li sospetti e le diffidenze con gravissimo pericolo: né li legati et i prelati piú prudenti, che con l'autorità e con gl'officii s'opponevano, erano bastanti di fermar il moto.
      E li francesi irritati risolverono di far prova della loro libertà e convennero che nella congregazione de' 7 il cardinale di Lorena non intervenisse, ma li loro prelati, a' quali toccava parlare, dicessero con libertà e se erano ripresi, gl'ambasciatori protestassero. E Lansac, per farlo sapere, acciò li ponteficii se ne guardassero, in presenza di molti di loro disse ad Antonio Lecine, vescovo d'Avranches, uno di quelli, che dovesse dir liberamente e senza timore, che la protezzione del re era bastante a sostentarlo: il che rapportato a' legati, fu causa che fossero uditi con molta pazienza, se ben non solo dissero che l'instituzione de' vescovi e la giurisdizzione fosse de iure divino, come quella del papa, e che non vi è differenza, se non di grado de superiorità, [ma] che l'autorità pontificia è ristretta tra li limiti de' canoni, narrando e commendando lo stile de' parlamenti di Francia, che quando alcuna bolla pontificia è presentata, che contenga cosa contraria a' canoni ricevuti in Francia, dicchiarano che è abusiva e proibiscono l'essecuzione.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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