E gl'ambasciatori alla presentazione aggionsero la solita appendice, per non chiamarla protesta: che se quelle proposte non fossero abbracciate, averebbono proveduto a' loro bisogni in Francia. Furono certi li legati che dal pontefice sarebbono stati visti con alterazione, attesa la promessa fattagli che non si sarebbe, intorno le annate et altre raggioni pecuniarie, trattato in concilio, ma amicabilmente con lui. Ebbero per necessario mandar un prelato a portargli et informar la Santità Sua; inclinarono a mandar il vescovo di Viterbo, come ben informato delle cose di Francia, per esservi dimorato molti anni noncio, e consapevole de' pensieri del cardinale e prelati francesi del concilio, con quali aveva conversato dopo il suo arrivo. Il che inteso dal cardinal di Lorena, gli confortò a cosí fare, et esso ancora gli diede instruzzioni per parlar al pontefice. Quel vescovo fu cosí destro che, quantonque fosse dal cardinale tenuto essergli mandato per esploratore et osservatore, nondimeno seppe cosí ben maneggiarsi, che acquistò la confidenza del cardinale e degl'ambasciatori, senza diminuir quella che il pontefice et i legati avevano in lui. Andò questo prelato con instruzzione di dover rapresentar al papa tutte le difficoltà che li legati sentivano, e di riportarne risoluzione et ordine come in ciascun particolare dovessero governarsi. Da Lorena ebbe instruzzione di supplicare il pontefice a ricever in buona parte che fosse dal re ricercato quello che era necessario per il suo regno, e da loro, che esseguivano li commandamenti regii, e d'offerir a Sua Santità l'opera sua per accommodare le differenze dell'instituzione de' vescovi e residenza, che tenevano il concilio impedito in cose leggieri.
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